Il bisogno di un sacerdote per ottenere il perdono di Dio è da secoli un punto fermo nella tradizione della Chiesa. Questa modalità, spesso assai scomoda e addirittura fonte di paure, riflette la natura originaria della nostra fede, che è relazione, condivisione e comunione.
Non basta essere pentiti e parlarne direttamente con Lui?
Il sacerdote simboleggia e incarna la figura del Figlio Gesù, che fu, è e sarà sempre mediatore per noi presso il Padre. Non basterebbe infatti all’uomo entrare in una chiesa, inginocchiarsi, fissare lo sguardo all’altare, al crocefisso, al tabernacolo, e invocare il perdono di Dio. Credere a Gesù Cristo è innanzitutto essere in relazione con Lui e non barricarsi dietro alla poesia di un’idea, di concetti o di regole morali. Per questo motivo, sebbene il pentimento sia la scaturigine della riconciliazione, esso non può risolversi in sé stesso. Si pensi ad una relazione umana e terrena, laddove venga sfregiata da un male arrecato o subìto: per perdonarsi è necessario riavvicinarsi, dialogare e confrontarsi, con gesti e con parole. Perciò, come potrebbe essere differente con Dio? Il fatto che Lui, al contrario di noi, non possegga un corpo non è sufficiente a giustificare un credo astratto e individuale, che finirebbe per essere autoreferenziale e infecondo.
Perché deve esserci qualcuno in mezzo, tra me e Dio? Non sminuisce la profondità del dialogo?
Nell’atto della confessione dei peccati si vive poi una profonda condivisione, che ci permette di ricevere conforto e consolazione da un’altra persona – il sacerdote – il quale è a tutti gli effetti un uomo come noi, investito tuttavia dalla Grazia divina di un dono specialissimo, che è quello di farsi ponte tra noi e il Padre. Proprio perché uomo come noi, dovremmo sempre guardare al sacerdote non come un giudice non toccato dalla caducità e dalle fragilità dell’esistenza terrena, ma come un fratello e una guida misericordiosa, ministro offertosi come strumento dello Spirito Santo per comunicarci l’Ineffabile: “Quando vai alla confessione, sappi che Io stesso ti aspetto in confessionale, Mi copro soltanto dietro il sacerdote ma sono Io che opero nell’anima” (Santa Faustina Kowalska). Attraverso le parole del sacerdote e l’imposizione delle sue mani consacrate, possiamo vivere un dialogo concreto e edificante, riflesso misero ma efficace di quello con il Padre. Occorre poi ricordare sempre che il ministro che ci confessa è mezzo e non fine ultimo della nostra confessione; non sta davanti a noi come un insegnante di vita, un esperto psicologo, un consigliere, ma come strumento di una Sapienza ben più profonda e autentica.
Se proprio deve esserci qualcuno, perché proprio un sacerdote?
Infine, il sacramento della riconciliazione è anche un profondo atto di comunione; è volto, dunque, a riparare e salvare la comunità intorno alla quale si radunano i discepoli di Gesù, poiché ogni peccato non è mai soltanto nostro, ma ferisce chi ci sta intorno e l’intera famiglia nella fede, che ci accoglie e ci insegna la vita in Cristo: “Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera” (Catechismo della Chiesa Cattolica). Ecco allora che il sacerdote, membro anch’egli della comunità, ci permette di vivere fin da subito, nel concreto, la condizione più pura e bella dell’essere figli amati da Dio; è il pastore che ci pone sulle sue spalle e ci riporta all’ovile, il mercante che ci dona un valore nuovo, autentico e inestimabile. Ognuno di noi ha bisogno di una mano che lo rialzi, di una voce che lo restituisca alla Verità: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!” (Mt 10, 29-31).
In sintesi, alcuni consigli:
- Il sacerdote è un uomo come te, che vive le tue stesse gioie e fatiche: non avere paura di essere giudicato da lui!
- Non pretendere dal sacerdote consigli innovativi, soluzioni fantasiose, consulenze psicologiche; lui non ha il compito né le forze per salvarti dai tuoi mali…a quello, se lo desideri sinceramente, ci pensa Dio!
- Il sacerdote è parte della tua comunità, tua guida ma anche tuo fratello nella fede: impara a conoscerlo anche al di fuori del sacramento della Riconciliazione e cercane l’amicizia, condividendo con lui il tuo cammino verso Gesù.
Gabriele
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