Oggi, 25 marzo 2014, è apparso sul quitidiano Avvenire un articolo a firma di Francesco Ognibene che persenta il prossimo grande evento “24 ore per il Signore” che ci vedrà coinvolti nell’animazione del servizio confessioni sia a Roma, nella chiesa di S. Maria in Agone, sia a Reggio Emilia nella Cattedrale.
Ve lo proponiamo in versione integrale:
Una mappa completa delle chiese che resteranno aperte tra venerdì e sabato per ospitare le «24 ore per il Signore», iniziativa spirituale e penitenziale cui in San Pietro darà vita lo stesso Papa Francesco, è praticamente impossibile. L’adesione organizzata o spontanea di diocesi, santuari e parrocchie è infatti in pieno corso, dopo la presentazione sulle pagine di Avvenire il 9 marzo da parte di monsignor Rino Fisichella, presidente di quel Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione che ha ideato l’ iniziativa, lanciata poi domenica da Francesco al termine dell’ Angelus. Poche parole, quelle del Papa, ma nel suo stile che fa centro con un’ immagine dritta al cuore: «Sarà la festa del perdono », quel «perdono che ci dà il Signore» e che «si deve festeggiare, come ha fatto il padre nella parabola del figliol prodigo». Dovunque si svolgerà, sarà dunque una «festa», attorno ai confessionali di cattedrali e basiliche, chiesette e conventi, dove centinaia di sacerdoti offriranno il perdono del Signore a chi avrà voluto cogliere l’ opportunità di una giornata interamente riservata a toccare con mano la misericordia del Padre che ci sta aspettando, in ansia, il sorriso stampato sul volto.
Una certa idea cupa e musona della confessione, l’ abbandono della pratica abituale e della conseguente attrazione dell’ esempio altrui, oltre alla fatica di trovare un confessore disponibile – e col tempo sufficiente ad ascoltare per bene – quando ci si decide a cambiar vita, ha creato attorno al sacramento un’ immagine scoraggiante, come si trattasse di un’ impresa di alpinismo spirituale alla quale accostarsi solo se si è fortemente motivati. A questo – va detto – si aggiunge anche una predicazione che forse ha troppo spesso eluso il nodo della questione: va bene riconoscersi peccatori, ma per riprendere la strada nella luce piena della grazia e con la consapevolezza del perdono ottenuto occorrono un prete e un confessionale, il gesto molto concreto di tornare a casa, come il figlio della parabola, e saperlo fare non solo una tantum ma ogni volta che sia necessario, fino a renderlo un gesto familiare, atteso, frequente. Con le sole intenzioni si costruiscono fantasiose congetture, non una vita rigenerata e resa capace di regalare oasi di vita vera anche ad altri. E immaginiamo anche per i sacerdoti la gioia di sentirsi chiamati dal Papa a essere la mano e la voce di Dio che abbraccia e bacia i figli attesi scrutando l’ orizzonte ogni mattina. Venerdì e sabato sarà una festa per tutti: un peccato non raccogliere l’ invito.