Lasciamoci ispirare da una frase di Paul Claudel, poeta francese del secolo scorso: “A che vale la vita se non per essere donata?”. È una domanda molto interessante che fa riflettere. Ritiene che la vita abbia un valore così grande, che non ha senso tenerne anche una minima parte per noi stessi: la capiamo e la viviamo veramente solo se la doniamo.
Partiamo da qualcosa di più semplice: come cristiani crediamo che la vita sia un dono di Dio. È il primo dono che ci è stato fatto e senz’altro quello di maggior valore: senza la vita noi non esisteremmo e non potremmo amare, gioire, soffrire. La vita è quel terreno in cui edificare la nostra persona, il tempo durante cui agire e far fruttare la nostra libertà, è il tempo in cui possiamo capire i nostri desideri più profondi e renderli eterni. Alla fine di tutto a ciascuno toccherà quanto ha scelto. È ciò che di più prezioso abbiamo. La vita ha quindi valore di per sé ed è inestimabile: senza non esisteremmo. Non si può e non si riesce a metterla a confronto con le altre. Non c’è vita che valga di più o che valga meno; il suo pregio non si evince dalla sua durata, né da quanto e come fiorisce, né dalle ricchezze, né dal sangue. Ogni vita è degna di essere e di crescere. Perché così ha voluto Dio. Neanche le motivazioni umane, consapevoli o superficiali, che conducono alla generazione di una vita, fossero anche le più ragionevoli, possono aumentarne o diminuirne la dignità: veniamo da Dio, prima di tutto, e a Lui più che a ogni altro uomo o donna, padre o madre, dobbiamo ciò che siamo.
Quindi sì, la vita ha un valore smisurato, incommensurabile, ma come posso capire come onorare questo dono e spenderlo al meglio?
Tante volte ci troviamo davanti a grandi esempi di persone che ci ispirano con la loro vita, che siano personaggi famosi, sportivi, artisti, politici. E tante volte, soprattutto dai più semplici, abbiamo desiderato essere come loro, avere la loro vita. Ci sembrano persone riuscite, arrivate. Quante volte ci siamo detti: se voglio avere una vita vera, interessante, profonda e piena devo essere come loro. Poi, crescendo, ci scontriamo con le tante difficoltà che non vorremmo mai vivere. Altre volte rimaniamo affascinati da vite di persone vicine o lontane da noi che hanno avuto grandi perdite e hanno dovuto soffrire molto, ma che in mezzo a tante disgrazie non hanno mai perso il sorriso e la gioia profonda del vivere.
Chi è, dunque, “l’uomo riuscito”, l’uomo che fa della sua vita un capolavoro, che sfrutta ciò che gli è dato al meglio, nel pieno delle sue potenzialità?
Torniamo all’inizio: l’uomo riuscito è colui che, ben cosciente che la sua vita è il dono più grande e bello che abbia mai ricevuto da Dio, dimostra la sua riconoscenza ponendosi nuovamente sotto il Suo sguardo, qualunque cosa accada, senza scoraggiarsi e ribaltando il ricevuto in un dono per chi lo circonda. Perché la verità è che questa vita è spesa bene solo quando facciamo dono del dono che abbiamo ricevuto, perché non serva solo a noi, ma porti tanti frutti. Cos’altro è il vivere cristianamente se non portare ad altri il bello ricevuto? Non c’è altro modo per vivere al meglio e in modo santo. Allora sì, la riconoscenza verso queste giornate, il buono che respiro ogni giorno, e il regalo, gratuito a mia volta di ciò che mi sono trovato intorno, nonostante non abbia fatto niente per meritarlo, mi aiuta a capirne, almeno in parte, il suo valore più grande e pieno, in un universo in cui non sarò mai solo.
Kevin, Beatrice
FORGIVING FOR JOY | 10. A che vale la vita se non per essere donata? | G&R