Oltre al dolore per i peccati commessi e alla penitenza vissuta come segno di una vita nuova, la confessione (o “accusa”) dei peccati è uno degli atti decisivi che il penitente deve vivere all’interno della celebrazione del sacramento della Riconciliazione.
Anche da un punto di vista semplicemente umano, riconoscere esplicitamente il male commesso ci libera e facilita la nostra riconciliazione con Dio e con gli altri. In questo atto, il penitente guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
E’ necessario che il penitente dica nella confessione tutti i peccati mortali di cui ha consapevolezza dopo un attento esame di coscienza. Sebbene non sia strettamente necessaria, anche la confessione regolare dei peccati veniali (non mortali) è vivamente raccomandata: ci aiuta infatti a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a progredire nella vita dello Spirito (cfr. CCC 1445-1456-1458).