Incontro di Papa Francesco con i giovani italiani, 11-12 agosto 2018
Come usare questo sussidio?
Dio ci parla anche attraverso le Scritture lette nella Chiesa. Ascolta il Vangelo. Poi potrai scegliere una delle situazioni presentate ed essere aiutato ad entrare meglio in quello che stai vivendo: dalla nostra vita partiamo per riconoscere che lì il Signore si rivolge proprio a me.
INDICE:
- Ascolto del Vangelo
- Introduzione. «Che cosa cercate?» «Rabbì, dove dimori?»
- In quale di queste situazioni ti ritrovi di più?
- Approfondisci ancora un po’ la situazione in cui ti trovi.
- Fermati ancora un momento: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro
- Ora, alla luce della Parola di Dio, esaminati in coscienza
- La confessione
Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 1, 35-42.
35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Introduzione. «Che cosa cercate?» «Rabbì, dove dimori?».
Un incrocio di sguardi: Giovanni guarda Gesù, lo indica ai suoi discepoli, anche loro lo guardano; Gesù si volta, li guarda, come più tardi fisserà lo sguardo su Simone. Se gli occhi sono specchio dell’anima allora una storia di sguardi così è una storia di incontri a partire dall’anima, è una storia importante perché non si ferma in superfice: scava ed apre nuove profondità.
Quand’è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha chiesto: «che cosa cerchi? in che direzione va la tua vita? cosa ti muove e cosa ti attira?». Forse nessuno me lo ha davvero chiesto guardando proprio me. Magari è emerso in qualche incontro oppure in qualche lezione di religione o di filosofia al liceo. Forse so in teoria che sono domande importanti ma non le sento realmente per me e lascio che sfumino.
«Che cosa cercate?». Oggi può essere l’occasione per lasciare risuonare nel mio cuore questa domanda.
Anch’io sono arrivato qui invitato da qualcuno, perché qualcuno mi ha suggerito: «oggi c’è qualcosa che vale la pena di essere vissuto». Anch’io, come i discepoli di Giovanni Battista, ho seguito questa indicazione, forse senza tanta convinzione, eppure l’ho seguita, ed ora sono qui anch’io, insieme a qualcun altro. Ho fatto un cammino che mi ha portato qui ora, non solo fisicamente, ma qui nella mia vita.
Colpisce che quei due discepoli rivolgano a Gesù un’altra domanda. Sembra che non abbiano una risposta chiara, mostrano la loro fragilità, così umana, eppure così audace; praticamente si auto-invitano da Gesù: «dove dimori?», «possiamo venire da te?». Quella domanda svela subito il loro desiderio più intimo e profondo: hanno bisogno di trovare una casa in cui dimorare, in cui sentirsi sicuri, dove essere accolti.
Anch’io, come quei due, non ho una risposta che non sia un’altra domanda! Come si può vivere? Dove stai Signore? Dove incontro l’Amore? Come costruisco una casa in cui vivere? Un’amicizia? Una famiglia?
In qualche modo la nostra ricerca è già un trovare, è resa possibile dall’intuizione che la risposta è presente: Dio abita già la nostra storia, come possiamo imparare a vederlo? Questo momento può essere davvero uno di quelli che segni per sempre nella memoria? Le mie «quattro del pomeriggio», quel tempo e quel luogo in cui ho incontrato il Signore?
In quale di queste situazioni ti ritrovi di più?
- Sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Anch’io conosco qualcosa di Gesù, per averne sentito parlare, o anche solo per vivere in questo paese.
Eppure questa conoscenza non ha comportato per me finora pensare e decidere di seguirlo davvero. Forse ho sentito poco amore, forse la testimonianza non è stata forte come quella di Giovanni il Battista. Forse anch’io non ho voluto davvero mettermi in cammino, perché costa fatica, costa un affidamento. - «Venite e vedrete». Quel giorno rimasero con Lui.
Queste parole sembrano quasi uno slogan, qualcosa tipo «soddisfatti o rimborsati»!? Tante promesse di felicità risuonano attorno a me… e tante delusioni. Perché ascoltare il tuo invito, Signore? Le riserve sono tante, eppure voglio decidermi per te. - «Abbiamo trovato il Messia» e lo condusse da Gesù.
Ho trovato Dio, eppure mi sembra di smarrirlo o di smarrirmi con troppa facilità … Signore, come posso tenerti con me?
Approfondisci ancora un po’ la situazione in cui ti trovi.
1. Sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Per quanto all’epoca forse non fosse così strano, desta comunque stupore il modo in cui i due discepoli seguono Gesù con tanta apparente semplicità. Come avviene?
Iniziano a seguirlo perché Giovanni indica in Gesù ciò che insieme e personalmente cercavano. Ci sono almeno due fattori decisivi. Uno è che proprio Giovanni lo indica loro, si potrebbe dire che pendono dalle labbra del loro maestro perché a lui si sentono profondamente legati e riconosco al suo sguardo una capacità di entrare più profondamente nella verità che loro stessi intuiscono. Sono persone che hanno la capacità di meravigliarsi e di aprirsi ad un mistero più grande. L’altro è il fatto che Gesù sia presentato come l’agnello di Dio, colui che, nella tradizione ebraica, in qualche modo era caricato del male dell’uomo, di ogni uomo, che così poteva essere rinnovato, oltre il suo male, oltre il suo peccato. Dunque cercavano un salvatore, riconoscendo di essere bloccati dal peccato, dal male, fatto o subito. Questi due aspetti riguardano anche me? Come?
C’è sempre qualcuno che mi precede. Io non sono solo io ma sono un mondo di relazioni, storie, buone e cattive, per cui oggi sono chi sono. C’è chi mi ha generato alla vita, chi mi ha allevato, chi mi ha educato, chi mi insegnato, ci sono quelli con cui mi sono scontrato, c’è chi mi ha ispirato nel bene e invece chi mi ha portato a dire: «non voglio essere così».
Purtroppo ho imparato anche e forse spesso a non fidarmi. Come si dice? «Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio». In certi momenti vorrei dirmi che basto a me stesso, per non aver bisogno di nessuno. Eppure la domanda del cuore mi porta altrove: anch’io, come quei discepoli, vorrei fidarmi di un maestro ed incontrare Dio. In fondo, quando ci penso, non ho dubbi: si sta bene dove ci si può fidare, e perché mai dovrebbe essere saggio il contrario?!
Tante volte sono sfiduciato ma il mio bisogno di imparare a vivere con fiducia non si è spento. Vorrei tornare a vivere con la fiducia di un bambino, ma non in modo ingenuo, come fuga dal presente, bensì affidandomi guidato dal desiderio di costruire relazioni stabili e durature. Di questo sì, sento davvero un’esigenza vitale: imparare ad amare e a lasciarmi amare e riconoscere nell’amore che sono di qualcuno.
Non si tratta di dipendere da qualcuno in senso negativo e non essere se stessi, ma proprio l’inverso: scoprire che sono me stesso solo in una vera comunione, quando non sono solo mio. L’ho sperimentato: in quell’amicizia, in quel rapporto di coppia, in quel servizio, dove ho provato davvero a donarmi, ho sperimentato una gioia autentica.
Oggi vedo con più chiarezza anche il bisogno di essere salvato dal peccato. In fondo è peccato anche la mia frequente sfiducia, la delusione che blocca, la paura di compromettermi troppo con qualcuno per paura di perdere la mia autonomia. Anch’io ho bisogno che «l’agnello di Dio» si carichi del mio peccato e mi restituisca la vera libertà, la fiducia di vivere una vera comunione con Dio e con i fratelli, un’amicizia che meriti questo nome, un amore che sia per sempre. Sono disposto a cambiare? A camminare? A scomodarmi?
2. «Venite e vedrete». Quel giorno rimasero con lui.
Cosa dovrebbe convincermi in una scelta così? Non è un azzardo? Prima devo capire, non avere dubbi, poi potrò scegliere. Eppure Gesù qui invita a scegliere per imparare a vedere.
In effetti la legge di crescita della vita è così: non devo avere tutte le ragioni per fare una scelta, basta che abbia luce sufficiente per abbracciare quella scelta, e poi, vivendola dal di dentro, lealmente, verificarla. I discepoli di questo Vangelo ne sono un esempio: avevano la vita con il loro maestro, Giovanni, e la sua indicazione, avevano una ricerca profonda che fa intuire loro che Gesù è Colui che cercano, o forse ancora di più colui che è venuto a cercarli e a farsi carico di loro. Questo basta per partire, e poi, stando con Gesù, si confermano nella scelta fatta.
Non è facile imparare a scegliere. Ogni decisione chiede energia: quali amici frequentare, ci sono compagnie che edificano ed altre che rovinano, il modo in cui vivere la relazione di coppia, il lavoro, lo studio, il volontariato, una passione, lo sport …
Ogni scelta mi compromette. A volte ho paura di scegliere perché mi pare di perdere altre occasioni. Ma una vita di possibilità non è reale: abbiamo tante possibilità che non diventano vita. In fondo possiedo solo ciò che ho scelto e il fatto di non decidermi seriamente per qualcosa e per qualcuno non mi rende più libero di essere di tutti, semplicemente mi lascia di nessuno. In fondo la mia vita è le relazioni che ho coltivato.
Forse anch’io, Signore, ho sufficienti ragioni per accogliere il tuo invito, «venite e vedrete», per sceglierti e per confermare la mia scelta. Ogni tanto ho intravisto in qualcuno la tua presenza; e mi rendo conto, anche se fatico ad essere lucido e a riconoscerlo, che solo da me stesso non sono capace di una vita autenticamente umana, di amare davvero, anche quando costa; sperimento che persino le ferite e le delusioni della mia vita,
quelle che altri mi hanno procurato, o quelle che procuro io stesso, non sono né la prima né l’ultima parola sulla mia vita, c’è molto di più.
È il momento che prenda una decisione: ora Signore mi chiami, ora posso seguirti, da dove sono, come sono, ora posso mettermi in cammino e continuare la strada. Intuisco Signore che la sete in me di ciò che è bello, vero, buono è segno della tua sete di me, voglio stare con te.
3. «Abbiamo trovato il Messia» e lo condusse da Gesù.
Signore, ti ho incontrato. Ho presente nella mia vita vari momenti, più o meno intensi, eppure autentici, in cui so di averti incontrato. A volte in un momento di preghiera, in una gioia, in un momento difficile, in una relazione. Ma la sicurezza di averti trovato per la mia vita e lo slancio di condurre altri a te sono cose diverse. Mi sembra di perderti e di perdermi con troppa facilità. Propositi smarriti, scoraggiamenti … Come si custodisce e si costruisce il rapporto con te e forse ogni rapporto?
Andrea desidera intimamente condividere ciò che ha vissuto. Ricorda i dettagli, ha gustato quell’esperienza e al primo incontro subito sfoga il cuore. Ha trovato in Gesù una corrispondenza profonda e vuole condurre altri alla stessa fonte. L’incontro con Dio e la passione di condividerlo si alimentano reciprocamente: la spinta missionaria di testimonianza è già dentro l’esperienza di Dio e la matura.
Quante volte Signore ho aspettato, pensando di essere inopportuno, che non fosse il momento, e poi quel temporeggiare ha raffreddato la mia coscienza, «forse ho esagerato, forse è stato così per me ma è diverso per altri», e ho lasciato perdere: il timore mi ha chiuso nella solitudine e nella solitudine mi sono spento. Meglio piuttosto ricevere un «no» che rimanere inerti.
La chiamata di Andrea a Simone introduce la chiamata di Gesù a Simone. Andrea si è esposto e il suo esporsi ha contribuito alla formazione di una nuova comunità, che è diventata anche la sua comunità. Non esiste vita cristiana che non sia ecclesiale, non esiste vita in Cristo che non comporti il legame con volti, nomi precisi.
Capisco meglio la profondità di quel «dimorare» e «rimanere». A volte vivo per slanci e allontanamenti.
Quanto è importante stare dentro una relazione, riconoscersi semplicemente e naturalmente al proprio
posto. Rischio di non fare davvero mie tante relazioni, che rimangono in certo senso solo occasionali, anche se le occasioni possono dilatarsi nel tempo: occasione è lo studio, la scuola superiore o l’università, oppure lo sport, oppure persino il percorso di un gruppo ecclesiale, finito il quale, rischia di finire tutto. Per rimanere in una relazione bisogna scegliere la forma e le persone con cui viverla, bisogna dichiararsi,
promettersi, impegnarsi. La logica del «tutto subito» dei nostri smartphone, della comunicazione immediata, rende difficile il cammino di una relazione, che è un cammino graduale, fatto di passi, rende difficile gioire e gustare le scelte ed anche affrontare le prove. Vale per un’amicizia, vale nel rapporto di coppia, vale nella vita di fede nel rapporto con Dio.
Signore, il fatto che tante volte abbia lasciato sfumare il nostro rapporto non vuol dire che non ti abbia trovato. Ti ho trovato, lo so. E continuerò a cercarti. E in questa ricerca non sono solo.
Fermati ancora un momento: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Il nome, il mio nome, è la prima cosa che rispondo quando qualcuno mi chiede: «Chi sei?». Non me lo sono
dato, qualcuno l’ha scelto per me. E quante sono le cose che nella vita non ci siamo scelti, quante le
situazioni che ci sono capitate, che non abbiamo voluto, che non abbiamo cercato, alcune buone, alcune
cattive. «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni». Anch’io ho un nome ed un cognome che indicano una storia,
non necessariamente luminosa, ma la mia storia.
A volte mi piacerebbe poter intervenire sulla barra di avanzamento nel film della mia vita, saltare qualcosa
che sto per affrontare, tornare indietro e aggiustare quel momento, cogliere quell’occasione che è passata,
non fare o non dire quello che ho fatto o detto. Gesù però mostra un’altra strada: mi chiama per nome ora
non solo come un suono che indica la mia persona, ma un nome che è la mia persona, che sono io, che è
profezia sulla mia vita, missione. Se Gesù è «salvatore», Cefa è «pietra». Gesù ha un nome nuovo anche
per me, che raccoglie tutto quello che sono e mi introduce a ciò che dura per sempre: Dio mi chiama e mi
svela a me stesso, mi desidera da sempre e per sempre e crede che io sia e possa essere sempre un bene
per gli altri, anche attraverso le mie debolezze.
La confessione è il momento in cui posso ascoltare e riascoltare il Signore dire al mio cuore il nome nuovo
che è solo per me, che sono io. Signore, dimmelo ancora una volta e dimmelo tutte le volte che ne avrò
bisogno!
Ora, alla luce della Parola di Dio, esaminati in coscienza.
«Si tratta di non avere limiti per la grandezza, per il meglio e il più bello, ma nello stesso tempo di
concentrarsi sul piccolo, sull’impegno di oggi. Pertanto chiedo a tutti i cristiani di non tralasciare di fare ogni
giorno, in dialogo con il Signore che ci ama, un sincero esame di coscienza. Al tempo stesso, il
discernimento ci conduce a riconoscere i mezzi concreti che il Signore predispone nel suo misterioso piano
di amore, perché non ci fermiamo solo alle buone intenzioni» (PAPA FRANCESCO, Gaudete et Exsultate, n.
169).
Esaminarsi in coscienza significa imparare a guardare se stessi e gli altri nella luce di Dio, in dialogo con Lui,
a partire dalla Sua parola.
Può essere d’aiuto uno schema: di seguito ne è proposto uno a partire dalla preghiera del Padre Nostro, la
preghiera che ci ha insegnato Gesù, la preghiera dei figli di Dio e dei fratelli nel cammino della vita e della
fede.
Padre nostro, che sei nei cieli
Rifletto sulla mia relazione con Dio Padre e con i fratelli.
Non sono isolato e non esisto solo per me. Come ho vissuto le mie relazioni? La relazione fondamentale con
Dio e la relazione con le persone che incontro, le più vicine e tutte le altre?
Riconosco la vita divina che mi è offerta?
Come sono figlio, fratello, amico, sposo, genitore? Come vivo le mie responsabilità?
So creare attorno a me un clima rispettoso, puro, in cui ciascuno sia accolto nel mistero della sua persona
oppure piego me stesso e gli altri al piacere, all’utile?
Sia santificato il tuo nome
Mi intrattengo con Dio? Coltivo la preghiera come autentica conversazione?
Vivo la grande preghiera della Chiesa? Partecipo alla Messa ogni domenica?
Custodisco con amore il suo nome? Oppure l’ho trattato con leggerezza o persino offeso, bestemmiato?
Attraverso la mia testimonianza il nome di Dio può essere benedetto? So gioire e ringraziare? So affrontare le fatiche?
Venga il tuo regno
“Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il
regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc, 17,21).
Il Regno di Dio è la presenza stessa di Dio. Riconosco il Signore e mi premuro di essere presente a questo
incontro, in quello che vivo, che faccio, che penso, che dico?
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra
E’ bello riposare nella volontà di chi ci vuole bene: la libertà matura nell’adesione della volontà al bene.
Riconosco la volontà di bene di Dio per me? Mi lascio chiamare fuori da me stesso?
Chiedo al Signore cosa vuole da me ogni giorno? Colgo le innumerevoli occasioni quotidiane per imparare
ad amare e a lasciarmi amare?
Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano
Come nutro la mia vita?
So vivere con responsabilità e serenità? So riconoscere i beni che ricevo?
Nutro spiritualmente la mia vita alla parola di Dio, ai sacramenti?
So difendere la vita? La vita interiore e la vita fisica?
Dio Padre vuole che il pane lo chiediamo per noi e per i nostri fratelli. Penso solo a me o mi interessa anche
il bene degli altri? Mi affido all’amore provvidente di Dio o sono esageratamente preoccupato di cosa
accadrà?
E rimetti a noi i nostri debiti
Riconosco il mio peccato? Ho una giusta valutazione di me stesso? Cerco di guardare me, gli altri, ogni cosa,
attraverso lo sguardo di Dio?
So riconoscere quando sbaglio senza abbattermi?
Conosco il pensiero della Chiesa sul bene e sul male? Come educo la mia coscienza nella verità?
Credo che la misericordia di Dio mi ricrei ogni volta nel suo perdono?
Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
Senza l’esperienza della misericordia è impossibile perseverare nella fedeltà.
So perdonare il fratello, l’amico, il coniuge?
Accuso con facilità?
So rinunciare ai giudizi avventati e cattivi? Ai rimproveri che teniamo nel cuore e che ci allontanano gli uni
gli altri? Non raramente rischiamo di vivere in lamentele e recriminazioni che appesantiscono noi e le
persone attorno a noi. E’ più facile lamentarsi che lavorare con fiducia. So contribuire a suscitare fiducia
attorno a me? So fare il primo passo in una relazione? So amare per primo?
E non abbandonarci alla tentazione
La tentazione in quanto tale non è peccato. É la mia risposta che conta, il mio atteggiamento che fa sì che
ad essa possa seguire un’azione buona o cattiva, anche solo interiore, come un pensiero.
Le tentazioni nelle mie giornate possono essere tante ma spesso non le riconosco come tali. A volte si
mimetizzano in aspetti che credo facciano parte del mio carattere, a volte dietro ad abitudini, altre volte
sono menzogne che ripeto a me stesso per convincermi che in fondo va bene così.
Quali tentazioni, che non vedo o nelle quali mi sono assopito, si nascondo nelle mie giornate? Quali
giustificazioni mi do? E poi, cosa voglio propormi oggi? Su quale aspetto voglio lavorare?
Per esemplificare: come rispondo all’impressione di non aver bisogno di Dio? Alla paura di non essere
accolto o di non essere capace di rimanere fedele a quella scelta buona? Cosa faccio nei momenti in cui
avrei voglia di mollare tutto e lasciarmi vincere dal pessimismo? O quando la sensualità o l’emotività
spingono solo a cercare compiacimento? Come reagisco quando sono tentato di dire qualche falsità anche
solo per non essere rimproverato o per mostrarmi migliore, o peggio per mettere in cattiva luce qualcun
altro? O quando credo di essere già a posto, di aver già dato abbastanza?
Coltivo speranza nell’opera di Dio in me? So riconoscere che permettendo la tentazione il Signore mi educa
nell’amore?
Ma liberaci dal male
Il male esiste, è evidente, ed esiste proprio anche in me. Di più, esiste il Maligno, che intende rovinare
l’opera di Dio, l’opera di Dio che sono anch’io. Eppure non ha la prima e non avrà l’ultima parola. Dio, fonte
di ogni bene, è più grande. Combatto seriamente il male in me e attorno a me? Tu Signore sei il mio
Salvatore: come ti apro la vita attraverso le mie decisioni?
La confessione.
Ora è il momento di accostarti al sacerdote per la confessione. Coraggio! Prima di tutto è il Signore che fa la
sua confessione, cioè si dichiara per te perché ti ama! Anche tu fai la tua confessione: dichiara il tuo amore,
anche ferito, per Dio, chiedi di imparare ad amare Dio e le persone che hai vicino. Infine confessa il tuo
peccato, la tua mancanza nell’amore. Il Signore è per noi e per il nostro vero bene, per la nostra autentica
gioia!